—
di Luca Pelosi (Il Romanista)
Il 26 luglio 1937, dopo aver vinto il trofeo di squadra a Benevento, l’A.S. Roma trionfa anche nel “Targa Impero”. Tra spinte e abbracci, la vittoria pari merito tra Spadolini e Albano è avvolta dal mistero…
Tra le tante storie che l’A.S. Roma Ciclismo ha da raccontare, ce n’è anche una curiosa. Quella di un arrivo a pari merito nato da uno scontro e finito con un abbraccio. Vero? Finto? Le cronache dell’epoca non aiutano e il tempo aiuta ad alimentare l’aura di mistero e leggenda su certe storie. Questa coinvolge Marcello Spadolini e avviene il 26 luglio 1937 ad Arienzo San Felice, in provincia di Napoli. Si svolge il premio “Targa Impero” e Spadolini fa di tutto per farlo diventare un Impero roman…ista. Il giorno prima a Benevento si era svolta la quinta edizione del “Circuito dell’Angelo”, manifestazione che aveva radunato in piazza circa diecimila persone. E la vittoria era andata al giallorosso Edoardo Taddei, seguito da Spadolini e Lucchetti, mentre la Coppa messa in palio dal Segretario Federale, il dottor Perone, era stata conquistata dall’A.S. Roma, che si conferma sempre in grado di fare squadra meglio delle altre.
La storia inizia dalla fine: “A cento metri dal traguardo, Spadolini e Albano subcano dal rettilineo quasi appaiati. I due procedono insieme qualche metro, poi volano le mani. Si spingono, finiscono con l’abbracciarsi e arrivano al traguardo praticamente insieme. La giuria finisce con l’assegnare la vittoria a entrambi”. Dalle spinte agli abbracci. “Spadolini e Albano sono stati gli uomini migliori in campo – scrive Il Littoriale – Il primo è stato brillante, soprattutto nella fase finale e cioè da Castel Morrone all’arrivo, quando con un inseguimento superbo è piombato alle costole di Albano e Prisco, che filavano in testa da circa 150 chilometri. Il secondo è stato il vero animatore della gara. Ha preso l’iniziativa a pochi chilometri dalla partenza e ha dato una impronta personale alla contesa. Lodevole la gara di Prisco, che soltanto negli ultimi chilometri ha ceduto, dopo essersi prodigato incessantemente con Albano per la riuscita della fuga”.
A proposito di romanisti, Lucchetti e i due fratelli Nello ed Edoardo Taddei sono giunti 12 minuti dopo i vincitori. “Abbiamo avuto l’impressione – prosegue il Littoriale – che specialmente nel finale i tre, per guardarsi a vicenda, abbiano finito per perdere maggiormente terreno. La media, tenuto conto delle condizioni delle strade, e soprattutto della polvere e del caldo asfissiante che ci ha deliziati per circa sei ore, è considerevole e dimostra la grande energia con cui i concorrenti hanno affrontato la gara”.
Questa la cronaca: “Dopo la partenza da Arienzo, le posizioni si delineano presto. Il ritmo è alto, nonostante le pessime condizioni delle strade piene di ghiaia e polvere, oltre che cosparse di buche. Su per la sconnessa e snervante salita di Durazzano, il gruppo si scinde in vari drappelli. Il plotoncino di testa è forte di sette corridori: De Santis, Prisco, Luchetti, D’Amore, Albano, Spadolini e Lampitelli. Il gruppo viaggia a una media tra i 40 e i 42 chilometri orari, incalzato a un paio di minuti da Edoardo Taddei, Marzano, Perna e a tre minuti Nello Taddei, Lampitelli e Arzillo. Sulla salita di Bones il polverone diventa accecante. Albano e Prisco partono in fuga e il loro vantaggio oscilla tra i cinque e i sei minuti di gioco. Il vantaggio dei due rimane inalterato, anzi, in alcuni frangenti aumenta. I due fuggitivi a Santa Maria Capua Vetere arrivano hanno un vantaggio di 3’20”, davanti a Arzillo, Marzano, i Taddei, Luchetti, Spadolini e D’Amore. Gli altri sono molto distaccati, mentre i due battistrada affrontano la salita di Castel Morrone, ripida, dal fondo sconnesso. Ai piedi della salita il distacco è arrivato a 5 minuti. Alle prime rampe, però, Spadolini balza davanti al gruppetto, scatta e inizia un inseguimento solitario. All’altezza di San Clemente, cioè a 15 chilometri dall’arrivo, piomba alle spalle dei fuggitivi. Prisco poi cede e Albano prosegue con Spadolini verso l’arrivo. Per quanto riguarda l’A.S. Roma, vanno sottolineati anche il quinto posto di Edoardo Taddei e soprattutto il premio di rappresentanza che ancora una volta fa giungere un riconoscimento prezioso alla Società”.
Oltre a confermarsi per due giorni di fila la migliore Società, l’A.S. Roma però ha in ballo proprio la vittoria. Spadolini e Albano si sono prima spinti a vicenda, poi, chissà se entrambi per non cadere, vengono descritti come abbracciati all’arrivo. La decisione di assegnare la vittoria pari merito suscita le ironie della stampa, come testimonia questo commento pubblicato proprio sul Littoriale: “La giuria, riunitasi dopo l’arrivo, adottava un provvedimento draconiano ed equo: entrambi per la loro brillante condotta venivano classificati al primo posto, ma per le scorrettezze all’arrivo verranno segnalati alla Federazione Ciclistica Italiana per una sanzione disciplinare”. “Volano le mani!”, ma sta a vedere chi le ha fatte volare per primo. Scommetto che i due accusati avranno la stessa meraviglia. “Io? Ma se è stato l’altro!”. L’altro è naturalmente quello che non c’è, o Albano o Spadolini, a seconda di chi parla. Come deve comportarsi la giuria in simili casi? Stavolta li ha classificati a pari merito, denunciandoli poi alla Federazione. Un bocconcino dolce con finale amaro. Ma se i due, che sono arrivati stretti stretti come se si volessero un gran bene, dovessero relazionare alla Federazione dicendo che “le mani non sono volate, ma che la gioia per la bella corsa li aveva uniti”, cosa potè rispondere la Giuria? Risponderà che l’asserzione dei due è falsa. Ma, intanto, in essa vi è una protesta di affetto che la Federazione deve tenere in gran conto. “Volavano le mani”, risponderà la giuria: “Falso”, replicheranno i due, “perché siamo arrivati abbracciati. E su quella frase dinamica (“Volano le mani”) s’accenderà un piccolo nuovo caso”.
Spinte o abbracci, verità o leggenda, la storia dell’A.S. Roma è sempre una storia di vittorie.