—
24 luglio 1960: i Giochi Olimpici si avvicinano e nello stesso giorno i giallorossi Sergio Carloni e Livio Trapè, che vincerà due medaglie olimpiche, ottengono due trionfi
A poco più di un mese dall’inizio dei Giochi Olimpici di Roma 1960, l’A.S. Roma Ciclismo vive un’altra giornata trionfale. E’ il giorno in cui i dilettanti della nostra regione si contendono la “Medaglia d’Oro Faustini”, organizzata dall’Unione Nazionale Veterani Sportivi e valevole per il “Bracciale d’Oro”. La gara si svolge su un percorso ancora oggi ben noto agli atleti dell’A.S. Roma Ciclismo, e cioè da Roma, con partenza in Via Prenestina, per poi passare per Zagarolo, Palestrina, Cave, Genazzano, San Vito Romano, Pisoniano, Tivoli, San Polo, Marcellina, Ponte Lucano, Capannelle di Tivoli, Osteria dell’Osa e poi arrivare ancora a Roma in Via Prenestina. Il tutto con un montepremi di cinquantamila lire, cui va aggiunta una medaglia d’oro offerta da Edmondo Nulli e due coppe offerte dal Ministro delle Poste e Telecomunicazioni e dal senatore, prof. Canaletti Gaudenti.
E’ un trionfo per l’A.S. Roma Ciclismo. Vince Sergio Carloni e per lui si tratta del primo alloro della stagione. “La corsa, che è iniziata in modo convulso e scintillante, non ha avuto un momento di pausa – scrive il Corriere dello Sport – e Carloni, gareggiando sempre in testa, ha avuto la fortuna di essersi trovato al comando con due suoi compagni, Paniccia e Petrosemolo, finché prima della salita di S.Polo dei Cavalieri, Bruno Mealli non gli si è unito e i quattro sono andati al traguardo per giocarsi in volata la vittoria”.
Il primo ad attaccare è stato Micozzi, dell’Atala. La sua corsa è stata ottima, anche se sulla salita di San Vito, staccandosi dai tre uomini della Roma per aver preferito unirsi al suo compagno di squadra Di Fausto, è terminato a circa 8′ dai primi per un guasto alla catena. Lo scatto che spacca la corsa avviene a cinque chilometri da Palestrina, dove Micozzi parte e si trascina Petrosemolo, Paniccia e Carloni. I quattro guadagnano presto 30 secondi sul resto del gruppo. A Cave il vantaggio è raddoppiato e dietro di loro ci sono Morucci, Gori, Fortini, Brigliadori, Imperi, Mealli, Tofani, Carboni, Massi, Ceccaroli, Marucci, Alcunio e Di Fausto. All’uscita di San Vito Mealli esce dal gruppo, raggiunge Micozzi, che è in difficoltà, e poi anche Petrosemolo, Paniccia e Carloni, che erano rimasti soli. Anche il gruppo trainato da Di Fausto raggiunge Micozzi, mentre il vantaggio di Paniccia, Petrosemolo e Carloni è di 1’20” e tende ad aumentare. “Sulla salita – riferisce il Corriere dello Sport – passa per primo Carloni, seguito da Mealli, Petrosemolo e, leggermente staccato, Paniccia. Dopo la salita i quattro sono sempre soli, mentre Morucci e Marzullo riescono a guadagnare nei confronti dei compagni. La selezione è durissima, ma nella seguente discesa Massi sorpassa Di Fausto, cui è saltata la catena, e Conte. A Tivoli sono sempre in testa Carloni, Petrosemolo, Melli e Paniccia. Quindi a 2’20” Morucci e Marzulli, 3’15” Di Fausto e Gori. Dopo Marcellina avvengono i ricongiungimenti e mentre i primi quattro ormai sfilano in perfetto accordo verso il traguardo, dietro Mourcci e Marzullo vengono braccati da Di Fausto, scatenato che trascina Gori, Fortini, Brigliadori, Colabattista, Allicino e Carboni. Sul rettilineo d’arrivo Carloni, Petrangeli e gli altri che seguono si danno da fare, ma vince Sergio Carloni davanti a Pietrangeli, Mealli e Paniccia, mentre Di Fausto batte tutti nella volata per il quarto posto”.
Il giudizio unanime è che il giallorosso Carloni ha meritato la vittoria, in una gara che ha finalmente premiato un ragazzo che per tutta la stagione l’ha cercata, piazzandosi sempre tra i primi. Si tratta di un ragazzo serio, giudizioso, intelligente, che non lascia nulla d’intentato durante la corsa per poter sfruttare ogni piccolo particolare e se nel 1960 ancora non era riuscito ad avere la soddisfazione di sfrecciare vittorioso sotto lo striscione del traguardo è stato perché all’ultimo momento qualche contrattempo glielo aveva sempre impedito. Bruno Mealli sulla salita di S.Polo ha tentato di andarsene, ma la coalizione di Carloni, Paniccia e Petrosemolo non glielo ha permesso. All’arrivo ha lottato, ma si è dovuto accontentare del terzo posto, anche se la sua condotta di gara avrebbe meritato di più. Vanno poi elogiati Paniccia e Petrosemolo, che al pari di Carloni hanno fatto tutta la gara in testa contribuendo efficacemente alla riuscita del tentativo di fuga che è iniziato non appena abbassata la bandierina della partenza.
Nello stesso giorno, a San Giovanni Valdaro, Livio Trapè vince la Coppa Santa Barbara, che si svolge nell’omonimo villaggio. E qui il protagonista è un altro ragazzo cresciuto nell’A.S. Roma Ciclismo, che si appresta a conquistare medaglie preziose a Roma 1960. Enzo Petrella sul Corriere dello Sport lo definisce “il massimo esponente dei dilettantismo italiano. Ha forato nei primi giri perdendo quasi due minuti dal gruppo, ma ha saputo rientrare dopo un lungo inseguimento e quindi imporre la sua classe e su tutti coloro che lo avevano attaccato approfittando della foratura. Ha quindi dimostrato di essere di gran lunga il migliore”.
Ma veniamo ai dettagli: “Al quinto giro il distacco di Trapè era di 1’20”, al settimo aumentava a 1’30”, all’ottavo Trapè era già rientrato nel gruppo di testa. Lì si era formato un gruppo comprendente Vignolini, Baccini, Tomeo, Binacci, Dalcanto, Campi e Gori. Nei pressi del traguardo, Livio Trapè per poco non temporeggiava in gruppo, poi scattava raggiungendo in breve tempo il gruppo di testa. Sulla salita di Reggello l’azzurro scattava ancora cercando di toccare i compagni di fuga. Gli resistevano Cardinali e Baccini ma per quest’ultimo la sfortuna era in agguato sotto forma di una caduta. Cardinali e Trapè così proseguivano fino al traguardo, dove l’azzurro coglieva il successo”. Poco più di un mese dopo, avrebbe colto successi olimpici. Un grande atleta, e grandi storie, per l’A.S. Roma Ciclismo.