(foto di italianialleolimpiadi.altervista.org)
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di Luca Pelosi (Il Romanista)
Città del Messico, 1968. Olimpiade bella e incredibile, punto fermo della storia dello sport, con il salto di Bob Beamon, e dell’umanità, con i pugni chiusi di Smith e Carlos sul podio dei 200 metri e la strage in Piazza delle Tre Culture. E con un protagonista dell’A.S. Roma Ciclismo. È Giovanni Bramucci, la cui storia è ben raccontata nel libro “A.S. Roma Ciclismo – 90 anni di storia in bicicletta”, di Enzo Vicennati. Da tempo Bramucci è un pupillo del presidente Baldesi. Vincendo la Coppa Città di Anagni sotto una pioggia fitta e incessante, ha attirato l’attenzione su di sé. Dominatore totale in quel percorso da ripetersi per ben sei volte e con una dura salita di quattro chilometri. Bramucci è spesso protagonista anche nelle prove di squadra e in pista, vince molte gare individuali, compresa la Coppa Celso Perugini a Soriano del Cimino, su un circuito di 130 chilometri. Vince anche la Settimana Ciclistica Cosentina, domando le salite dei monti della Sila e vincendo anche a cronometro. A Caserta, dopo una corsa di 140 chilometri, stacca tutti uno dopo l’altro, dimostrando grandissime doti di passista. Ed eccolo, per forza di cose, presente a Città del Messico.
La rappresentativa italiana è molto forte e vince l’oro su Strada grazie al bresciano Vianelli. Bramucci si piazza ottavo, dimostrandosi uno dei più attivi a rompere i cambi e a creare problemi agli inseguitori. È una delle sue tante doti, di quelle che avevano colpito il presidente Baldesi. Oltre a saper vincere gare individuali, è anche dotato di ottimo senso tattico, capisce la corsa e, soprattutto, capisce subito quali sono le necessità della squadra. Una consistente parte dell’oro di Vianelli è merito suo. Ed è tutto suo il bronzo nella 100 chilometri a squadre, dato che fa parte del quartetto che arriva alle spalle di Olanda e Svezia. Pochi mesi dopo, a ulteriore conferma del suo valore e di quello dei compagni di squadra, arriverà il bronzo anche ai campionati del mondo di Montevideo.
Purtroppo per lui, le tante fatiche si faranno presto sentire. Forte nelle corse su strada, a cronometro e in pista, l’usura arriva presto. Nel 1969 passa professionista, ma non riuscirà mai a raggiungere gli stessi livelli che aveva da dilettante. Durerà solo due anni, il suo miglior risultato sarà un sesto posto al Gran Premio Industria e Commercio di Prato nel 1969. Ma in bacheca rimarrà per sempre un bronzo olimpico firmato A.S. Roma Ciclismo.
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