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di Luca Pelosi (Il Romanista)
Se n’è andato due anni e mezzo fa, è stato un elemento di spicco dell’A.S. Roma Ciclismo da atleta e un grande dirigente, a lungo presidente del comitato regionale. C’è anche la sua storia, quella di Antonio Zanon, nel libro “A.S. Roma Ciclismo, 90 anni di storia in bicicletta”, di Enzo Vicennati. Una storia che inizia come avversario, perché Antonio Zanon inizia a farsi un nome con la maglia della Lazio e poi con quella della Libertas. Nel 1965, però, decide di vestire la maglia giallorossa, in nome dell’amicizia con Pietro Chiappini, che non gli aveva mai nascosto la sua stima. Zanon scopre subito di essere finito in una squadra molto forte, pur sapendo che un velocista come lui di occasioni ne avrà poche. I compagni di squadra, infatti, proprio perché sono forti, vanno sempre in fuga. E lui rimane in gruppo a guardare loro le spalle, sapendo di potersi muovere solo in caso di un ricongiungimento che la sua squadra non può certo favorire.
Un episodio che rende particolarmente l’idea di quanto sia difficile gestire personalità e talenti forti avviene alla settimana cosentina del 1965, quando i giallorossi Zanon e Spadolini vanno in fuga e poi si ritrovano costretti ad aspettare Bramucci, che quel giorno non sta bene ma che resta la prima punta della squadra. Zanon rallenta, quasi smette di pedalare, e quando Bramucci lo raggiunge, si sente dire: «Vai in fuga e poi ti stacchi, sei proprio una pippa!». Spadolini si sente dire una cosa simile e così i due si rimettono in fuga. Spadolini vincerà la tappa, Bramucci terrà la maglia. Per l’A.S. Roma, un trionfo. Per Pietro Chiappini, una grande fatica, quella di tenere insieme personalità così diverse.
Dopo due anni in giallorosso, Zanon cambierà aria proprio perché il ruolo di “stopper” gli andava troppo stretto. Smetterà di correre con 70 vittorie all’attivo, tutte in volata, a causa di un infortuno al ginocchio. Se ne accorse durante la Roma-Visso, mentre era in fuga con altri due ciclisti. A Terni, con tre minuti di vantaggio sul gruppo e una sola salita rimasta prima dell’arrivo, fu costretto a mettere i piedi a terra per il dolore. Strozzatura dell’arteria iliaca, lo stesso problema che avrebbe condizionato la carriera di Gianni Motta.
Non si saprà mai cosa avrebbe potuto essere la sua carriera da professionista, ma si sa che lui avrebbe comunque mantenuto eterna gratitudine all’A.S. Roma Ciclismo e a Pietro Chiappini, per avergli fatto capire l’importanza dell’allenamento e della vita da atleta.
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