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Iniziata ieri la Parigi-Brest-Parigi, la randonnée più prestigiosa, da 1200 chilometri. Paolo Martucci: “Si fa ogni 4 anni, è come le Olimpiadi”. Cristina Rulli: “La volevo da tempo, l’ho conquistata con tigna, me la godo”
Mentre scriviamo, e mentre leggete, probabilmente sono ancora in bicicletta. Sono partiti ieri, Paolo Martucci alle 18 e Cristina Rulli alle 18.30, per arrivare a destinazione entro le successive 90 ore. Destinazione che è la stessa dell’arrivo. Piccolo particolare: per arrivare a Parigi, partendo da Parigi, bisogna passare per Brest, che è 600 chilometri a ovest. E così, la Parigi-Brest-Parigi, la “madre” di tutte le randonnée. E Paolo e Cristina sono i due atleti dell’A.S. Roma che stanno rappresentando la società giallorossa indossando la maglia dell’Italia.
“E’ come i Giochi olimpici – ci spiega Paolo, mentre sta guidando verso Parigi, con grande capacità di sintesi – Un evento che si tiene ogni quattro anni e al quale tutti vogliono partecipare almeno una volta”. Tra l’altro la Parigi-Brest-Parigi è nata prima delle Olimpiadi moderne, dato che la prima edizione si tenne nel 1891, più o meno negli stessi anni e più o meno nelle stesse località in cui Pierre de Coubertin stava lavorando per convincere dirigenti sportivi, studiosi e politici del mondo a riportare in vita i Giochi di Olimpia.
Esserci è già una vittoria, ma lo è sempre per chi ha lo spirito da “randonneur”, per chi percorre i 1200 chilometri del percorso in bicicletta. In questa edizione ci sono settemila iscritti, provenienti da oltre 70 paesi e gli italiani sono 379. Ognuno con la sua storia, ognuno col suo percorso, ognuno con la sua fatica che si trasforma in sorriso. Esserci è già una vittoria perché per poter ricevere la convocazione e la maglia azzurra che identifica chi rappresenta l’Italia bisogna percorrere un certo numero di chilometri durante le randonnée della stagione e il tutto viene certificato dall’ARI, l’Audax Randonneur Italia, che è titolata a omologare i brevetti.
Nata come gara per professionisti nel 1891, ideata da Pierre Giffard e organizzata dal quotidiano “Auto-Vélo”, si svolse ogni dieci anni dal 1891 al 1951. L’ultima edizione aperta ai professionisti fu quella del 1951, in quanto “L’Équipe”, che organizzava l’evento, non trovò più concorrenti. Dal 1951 è una corsa amatoriale ed è organizzata e disputata ogni quattro anni. Non si disputa, quindi, dal 2019 e la ventesima edizione è tuttora in corso. Non ci sono vincitori, come nel pieno spirito dei “randagi” (come si definiscono i partecipanti alle randonnée). Ci sono, come detto, due atleti giallorossi.
“Ho puntato questa gara dal 2021, cioè più o meno da quando ho ricominciato ad andare in bicicletta. In passato Paolo ed io partecipavamo alle Granfondo, quindi con uno spirito molto più agonistico. Poi per un po’ ho mollato e mi sono dedicata al podismo, sempre con grande propensione alle lunghe distanze, come ad esempio la maratona. Purtroppo un infortunio mi ha costretto ad abbandonare e allora mi sono rimessa in bici, ma con un’altra ottica, quella delle randonnée”. D’altronde la fatica e le lunghe distanze non la spaventano: “No, anzi: devo dire che quasi la cerco. So che prima o poi arriverà il momento in cui le gambe faranno male, il fisico lancerà segnali di un certo tipo, ma è proprio lì per me che viene il bello e che inizia la sfida. D’altronde uno sforzo così lungo non è preparabile e senza l’aiuto della testa non si completano percorsi così lunghi. Tutto ciò, ripeto, a me piace. Poi cerco sempre di arrivare pronta il più possibile. Oltre alla mia ‘tigna’, per dirla alla romana, ci metto anche grande attenzione al rispetto delle tabelle, mi alleno spesso sui rulli, e seguo un’alimentazione molto controllata. Ho sempre in mente l’obiettivo e quindi sono molto contenta di essermi guadagnata la partecipazione alla Parigi-Brest-Parigi insieme a Paolo. Purtroppo a causa di un disguido non partiremo nello stesso momento, il piano è che io cercherò di raggiungerlo e poi proseguiremo insieme. Solo più avanti vedremo se sarà il caso che uno dei due vada più avanti, dipenderà da come staremo entrambi. L’importante è arrivare al traguardo, anche per questo come tempo dichiarato ho dato 90 ore invece di 80, per poter avere un certo margine di sicurezza. Poi se ce la dovessi fare entro le 80 ore naturalmente ne sarei molto contenta. Quest’anno ho già percorso 1200 chilometri due volte: alla ‘Transalp’, in una volta sola, e in Corsica, su una prova divisa in due da 600 chilometri e tra l’una e l’altra si può riposare. Sono stati due test importanti che mi danno fiducia e non vedo l’ora di iniziare”.
In realtà Cristina e Paolo hanno già iniziato e guardano anche già al dopo: “Ci saranno altre randonnée valide per il campionato italiano, che comunque non potrei vincere, perché chi l’ha già vinto non può ripetersi. Mi piacerebbe arrivare al terzo posto, vedremo, perché prima bisognerà capire come uscirò da questa Parigi-Brest-Parigi, che al momento è la cosa più importante perché è un appuntamento prestigioso, che attendiamo da tanto tempo e per il quale ci siamo preparati con tanta fatica”. Ma la fatica è un dettaglio. Questa è la randonnée più prestigiosa, la fatica diventa dolce. C’è anche un dolce che, in onore a questa prova, si chiama proprio Parigi-Brest. Il sapore, però, non sarà mai come quello della soddisfazione di chi vi partecipa e di chi la finisce. L’A.S. Roma, ancora una volta, c’è.