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di Luca Pelosi (Il Romanista)
Il pianificatore. Predisposto ogni dettaglio per Vallelunga
Si vince sulle lunghe distanze. Una Società come l’A.S. Roma Ciclismo che di anni ne ha 95 lo sa. In 95 anni ci sono 34675 giorni e pedalando un giorno intero si vince. Enrico Giuliani ha vinto anche quest’anno la Roma XXIVh di Vallelunga ed è lui a raccontarci come si vince una gara che dura un giorno intero in un autodromo: «Avevo già disputato alcune 24 ore, ma in mountain bike e a squadre. Lì si corre in otto o in quattro. È diverso. Poi in realtà per un certo periodo mi sono buttato sulla velocità, vincendo tre titoli italiani su pista. Una volta entrato nella Roma insieme a Giuliano Buzzetti abbiamo deciso di buttarci e vedere cosa sarebbe successo». E fu un successo. «Inaspettato, senza ore di allenamento». E poi? «Sono un matematico e quindi ho programmato in modo diverso l’edizione di quest’anno. Ho pianificato tutto, dalle andature a cosa e quando mangiare e bere. Nei primi chilometri è saltato tutto, perché siamo andati troppo veloci. Così, dopo sei ore e i primi duecento chilometri, ho riprogrammato tutto, mangiando e bevendo anche senza avere fame o sete. E cibi facilmente assimilabili, cui ero abituato. Anche i reni risentono di uno sforzo prolungato e bisogna fare attenzione. Meglio panino al prosciutto e formaggio piuttosto che gel o barrette».
Una corretta gestione del fisico è fondamentale, ma non basta. Soprattutto se gli avversari sono di alto livello. «Quest’anno c’erano ciclisti di alto livello, provenienti da tutta Italia, alcuni anche con un passato agonistico importante, mentre io sono sempre stato un amatore. Dopo un inizio veloce, ho rallentato, pensando che gli altri prima o poi si sarebbero fermati e decidendo che avrei fatto pause non per dormire ma per mangiare. Dopo quattro o cinque ore, qualcuno ha iniziato a fermarsi. Ho proseguito col mio passo, in riserva, cercando gruppi ed evitando di stare da solo per limitare gli sforzi. Mi sono ritrovato con 10 giri di vantaggio alle 5.45 del mattino. Mi sono fermato, mi sono addormentato senza accorgermene, quando mi sono svegliato ho visto che avevo ancora due giri di vantaggio. Allora sono rientrato, ho cercato il secondo e mi sono attaccato a lui. Se resto con lui, ho pensato, mantengo il vantaggio. Lui ha spinto molto, si è fatta mattina ma sono rimasto vestito da notte, sudatissimo. Lui ha anche organizzato uno stop per cambiarsi e ripartire prima di me, come in Formula Uno. L’ho ripreso ancora e gli ho detto: “Anche se vai al bagno ti seguo”. L’ho portato al limite, quando si fermava io continuavo e ho preso nove giri di vantaggio. Ho avuto anche un bell’aiuto dalla squadra».
Vincere non è scontato, ripetersi lo è ancora meno, soprattutto per una prova che necessita di molto tempo per allenarsi. Ed Enrico non ce l’ha, perché il lavoro gliene porta via tanto. Eppure, ce l’ha fatta. «Ne ho parlato col presidente Lorenzo Baldesi e ho presentato un piano di allenamento che prevedeva la partecipazione ad alcune randonnée e alla 24 ore di Feltre alla quale non sono potuto andare per via del Covid. Ho partecipato anche alla Napoli-Roma-Napoli, dividendola in due e dormendo a casa, oltre ad allenare il corpo alle alte temperature. Non ho potuto fare tante uscite lunghe, mi ha aiutato molto la testa, è andata bene e sono molto soddisfatto».
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Plurivincitrice. Ha fatto la sua Roma XXIVh senza rallentare mai
Si fatica a contare le sue vittorie. Tutto ciò che è fatica, però, non le fa paura. Elisa Rigon è così, va sempre oltre. Nell’ultimo periodo anche oltre il tempo che il lavoro le porta via sempre di più, impedendole di pedalare come vorrebbe. Dal suo vivaio a Sabaudia, però, non ha mai tolto la bici dalla sua testa, lei che è abituata a stare in testa al gruppo. E così lo scorso 17 luglio è tornata a vincere la Roma XXIVh a Vallelunga, percorrendo 104 giri dell’autodromo per un totale di 424,8 chilometri. E senza rallentare mai, neanche quando era chiaro che la vittoria sarebbe stata sua. Lei va oltre, appunto, proprio nell’anno in cui l’A.S. Roma Ciclismo sta lavorando sul progetto Ultracycling con Enrico Giuliani, che la descrive così: «Ho conosciuto Elisa quando facevo le gare a cronometro, lei è famosa in tutta Italia. Poi ci siamo rivisti e ora siamo compagni di squadra. Lei purtroppo per difficoltà logistiche non può uscire con noi, la vediamo nelle gare in cui ci troviamo insieme. Ha avuto alcune difficoltà sul lavoro, ma proprio l’anno scorso ha ritrovato entusiasmo con la vittoria nella Roma XXIVh e, come si è visto quest’anno, per fortuna non le è passato. Ha saputo concentrarsi sulla 24 ore di Feltre e su quella di Vallelunga, è arrivata prima ed è stata bravissima. L’ho vista sempre molto concentrata e ho capito presto che avrebbe vinto».
Quasi un anno dopo la prima edizione molte cose sono cambiate. L’atmosfera di Vallelunga già parlava da sola e raccontava di moltissime squadre partecipanti. «E devo dire che ho provato emozioni diverse anche io – ha raccontato Elisa – grazie alla squadra. C’è stata una grande compattezza in tutta l’A.S. Roma Ciclismo, sia da parte di chi è abituato a gareggiare sia da parte di chi c’era con altro spirito. Ma siamo stati una cosa sola, non una squadra ma una famiglia». Lo si sente dire così spesso che non può non essere vero. «Ci siamo tutti aiutati a vicenda – prosegue Elisa – e ognuno era contento delle prestazioni dell’altro». E tutti contenti per lei, anche chi magari le diceva di rallentare una volta capito che la vittoria non le sarebbe sfuggita. «Volevo fare 600 chilometri», ha raccontato, per poi naturalmente cambiare idea per via del grande caldo. «Era impossibile, ho seguito il mio istinto competitivo, ma naturalmente anche quello dell’essere umano. È stata davvero dura, una gara che ci ha messi alla prova».
Prova superata, di squadra. Basta rileggere le sue dichiarazioni sul sito ufficiale della Società asromaciclismo.it: «Mi piace far parte di questa squadra e l’ho sempre detto: questa sarà la mia ultima squadra, dall’A.S. Roma Ciclismo non andrò mai via. Questo perché c’è tutto quello che ti serve: ci sono i compagni di squadra, c’è tutto un team organizzativo, il presidente Baldesi è sempre presente, Flaminia (Blasetti, la Segretario Generale, NdR) che risolve sempre ogni cosa e ti viene incontro, poi la squadra della logistica. All’interno della Roma c’è una squadra, ma c’è anche una famiglia: alla Roma non manca niente. C’è la cosa essenziale: l’abbraccio finale che non ti fa solo sorridere, ma anche piangere, emozionare. E a Vallelunga io mi sono emozionata, perché guardavo la gioia nel volto dei miei compagni, stanchi ma contenti; ed era tanto che non vedevo quella gioia, al di là della competizione. Perché c’è una gioia che va al di là della competizione e posso garantire che è difficile da trovare e che qui però c’è stata».